29 de diciembre de 2006
Obres al carrer
Jo, usuària de linux com sóc, he preparat la presentació fent servir Impress de l'OpenOffice. Pot servir de mostra dels resultats.
Les obres que es veuen són les meu carrer. I la resta d'explicacions surten a la presentació. L'única cosa que veig que no ha quedat bé és la lletra. Havia seleccionat una de molt bonica i surt una molt stàndard, i les mesures no queden bé.
17 de diciembre de 2006
Le venti regole de Van Dine
1. Il lettore deve avere le stesse possibilità del poliziotto di risolvere il mistero. Tutti gli indizi e le tracce debbono essere chiaramente elencati e descritti.
2. Non devono essere esercitati sul lettore altri sotterfugi e inganni oltre quelli che legittimamente il criminale mette in opera contro lo stesso investigatore.
3. Non ci deve essere una storia d'amore troppo interessante. Lo scopo è di condurre un criminale davanti alla Giustizia, non due innamorati all'altare.
4. Né l'investigatore né alcun altro dei poliziotti ufficiali deve mai risultare colpevole. Questo non è buon gioco: è come offrire a qualcuno un soldone lucido per un marengo; è una falsa testimonianza.
5. Il colpevole deve essere scoperto attraverso logiche deduzioni: non per caso, o coincidenza, o non motivata confessione. Risolvere un problema criminale a codesto modo è come spedire determinatamente il lettore sopra una falsa traccia, per dirgli poi che tenevate nascosto voi in una manica l'oggetto delle ricerche. Un autore che si comporti così è un semplice burlone di cattivo gusto.
6. In un romanzo poliziesco ci deve essere un poliziotto, e un poliziotto non è tale se non indaga e deduce. Il suo compito è quello di riunire gli indizi che possono condurre alla cattura di chi è colpevole del misfatto commesso nel capitolo I. Se il poliziotto non raggiunge il suo scopo attraverso un simile lavorìo non ha risolto veramente il problema, come non lo ha risolto lo scolaro che va a copiare nel testo di matematica il risultato finale del problema.
7. Ci deve essere almeno un morto in un romanzo poliziesco e più il morto è morto, meglio è. Nessun delitto minore dell'assassinio è sufficiente. Trecento pagine sono troppe per una colpa minore. Il dispendio di energie del lettore dev'essere remunerato!
8. Il problema del delitto deve essere risolto con metodi strettamente naturalistici. Apprendere la verità per mezzo di scritture medianiche, sedute spiritiche, la lettura del pensiero, suggestione e magie, è assolutamente proibito. Un lettore può gareggiare con un poliziotto che ricorre a metodi razionali: se deve competere anche con il mondo degli spiriti e con la metafisica, è battuto "ab initio".
9. Ci deve essere nel romanzo un poliziotto, un solo "deduttore", un solo "deus ex machina". Mettere in scena tre, quattro, o addirittura una banda di segugi per risolvere il problema significa non soltanto disperdere l'interesse, spezzare il filo della logica, ma anche attribuirsi un antipatico vantaggio sul lettore. Se c'è più di un poliziotto il lettore non sa più con chi stia gareggiando: sarebbe come farlo partecipare da solo a una corsa contro una staffetta.
10. Il colpevole deve essere una persona che ha avuto una parte più o meno importante nella storia, una persona, cioè, che sia divenuta familiare al lettore, e lo abbia interessato.
11. I servitori non devono essere, in genere, scelti come colpevoli: si prestano a soluzioni troppo facili. Il colpevole deve essere decisamente una persona di fiducia, uno di cui non si dovrebbe mai sospettare.
12. Ci deve essere un colpevole e uno soltanto, qualunque sia il numero dei delitti commessi. Il colpevole può aver naturalmente qualche complice o aiutante minore: ma l'intera responsabilità e l'intera indignazione del lettore devono gravare sopra un unico capro espiatorio.
13. Società segrete associazioni a delinquere "et similia" non trovano posto in un vero romanzo poliziesco. Un delitto interessante è irrimediabilmente sciupato da una colpa collegiale. Certo anche al colpevole deve essere concessa una "chance": ma accordargli addirittura una società segreta è troppo. Nessun delinquente di classe accetterebbe.
14. I metodi del delinquente e i sistemi di indagine devono essere razionali e scientifici. Vanno cioè senz'altro escluse la pseudo-scienza e le astuzie puramente fantastiche, alla maniera di Giulio Verne. Quando un autore ricorre a simili metodi può considerarsi evaso, dai limiti del romanzo poliziesco, negli incontrollati domini del romanzo d'avventure.
15. La soluzione del problema deve essere sempre evidente, ammesso che vi sia un lettore sufficientemente astuto per vederla subito. Se il lettore, dopo aver raggiunto il capitolo finale e la spiegazione, ripercorre il libro a ritroso, deve constatare che in un certo senso la soluzione stava davanti ai suoi occhi fin dall'inizio, che tutti gli indizi designavano il colpevole e che, s'egli fosse stato acuto come il poliziotto, avrebbe potuto risolvere il mistero da sé, senza leggere il libro sino alla fine. Il che - inutile dirlo - capita spesso al lettore ricco d'istruzione.
16. Un romanzo poliziesco non deve contenere descrizioni troppo diffuse, pezzi di bravura letteraria, analisi psicologiche troppo insistenti, presentazioni di "atmosfera": tutte cose che non hanno vitale importanza in un romanzo di indagine poliziesca. Esse rallentano l'azione, distraggono dallo scopo principale che è: porre un problema, analizzarlo, condurlo a una conclusione positiva. Si capisce che ci deve essere quel tanto di descrizione e di studio di carattere che è necessario per dar verosimiglianza alla narrazione.
17. Un delinquente di professione non deve mai essere preso come colpevole in un romanzo poliziesco. I delitti dei banditi riguardano la polizia, non gli scrittori e i brillanti investigatori dilettanti. Un delitto veramente affascinante non può essere commesso che da un personaggio molto pio, o da una zitellona nota per le sue opere di beneficenza.
18. Il delitto, in un romanzo poliziesco, non deve mai essere avvenuto per accidente: né deve scoprirsi che si tratta di suicidio. Terminare una odissea di indagini con una soluzione così irrisoria significa truffare bellamente il fiducioso e gentile lettore.
19. I delitti nei romanzi polizieschi devono essere provocati da motivi puramente personali. Congiure internazionali ecc. appartengono a un altro genere narrativo. Una storia poliziesca deve riflettere le esperienze quotidiane del lettore, costituisce una valvola di sicurezza delle sue stesse emozioni.
20. Ed ecco infine, per concludere degnamente questo "credo", una serie di espedienti che nessuno scrittore poliziesco che si rispetti vorrà più impiegare; perché già troppo usati e ormai familiari a ogni amatore di libri polizieschi. Valersene ancora è come confessare inettitudine e mancanza di originalità:
Realmente, puedo recordar ahora más de una novela que ha inclumpido una o varias de estas leyes. Yo no me siento tan purista. Pero sí es cierto, como dice Pilar, que Donna Leon recurre en exceso a las habilidades informáticas de la signorina Elettra cuando el inspector Brunetti está investigando un caso. O también alguna novela de Anne Perry en la que hay una asociación secreta de gran poder que está en el trasfondo del homicidio.a) scoprire il colpevole grazie al confronto di un mozzicone di sigaretta lasciata sul luogo del delitto con le sigarette fumate da uno dei sospettati;
b) il trucco della seduta spiritica contraffatta che atterrisca il colpevole e lo induce a tradirsi;
c) impronte digitali falsificate;
d) alibi creato grazie a un fantoccio;
e) cane che non abbaia e quindi rivela il fatto che il colpevole è uno della famiglia;
f) il colpevole è un gemello, oppure un parente sosia di una persona sospetta, ma innocente;
g) siringhe ipodermiche e bevande soporifere;
h) delitto commesso in una stanza chiusa, dopo che la polizia vi ha già fatto il suo ingresso;
i) associazioni di parole che rivelano la colpa;
l) alfabeti convenzionali che il poliziotto decifra.
En este sentido, me ha interesado siempre mucho la manera en que P. D. James desarrolla sus novelas, y la forma laboriosa y metódica del policía creado por Henning Mankell.
9 de diciembre de 2006
Máscara de contraste
Siguiendo esas pautas he aplicado el método.
1) Abrir GIMP y la foto que se quiere mejorar
La idea es aclarar un poco las partes más oscuras y oscurecer las más claras, es decir, reducir un poco el contraste.
2) Abrimos el diálogo Capas (Diálogos/Capas) y nos aparecerá la imagen llamada ahora Fondo, clicando con el botón derecho sobre esa capa seleccionamos Duplicar capa.
3) Asegurándonos de que la capa "Copia de fondo" está activada (con la banda azul) buscamos el menú Capa/Colores/Desaturar. Y la imagen de nuestra foto aparecerá en blanco y negro.
4) A continuación, y siempre con la misma capa seleccionada, clicamos sobre el menú Capas/Colores/Invertir, y entonces, la imagen aparecerá como si fuera un negativo.
Ahora ya tenemos creada la máscara de contraste. Combinándola con la capa Fondo conseguiremos una mejora de la imagen.
4) Desde la ventana del diálogo de Capas seleccionamos el Modo Solapar.
El resultado de la imagen debería ser mejor. Pero queda aún un último paso.
5) Ahora nos vamos a la ventana de la imagen que presenta ya una viveza de color más intensa, y seleccionamos Filtros/Desenfoque/Desenfoque Gaussiano y probamos con un valor entre 10 ó 30.
6) Volviendo a la ventada de Diálogo de Capas, clicamos alternativamente sobre el ojo que aparece sobre cada una de las dos capas. Al clicar sobre el ojo de la capa Copia de Fondo veremos la imagen con o sin máscara de contraste. Así nos haremos una mejor idea de la diferencia entre aplicar la máscara o no.
7) Clicando sobre el menú Imagen/Aplanar imagen, reduciremos las capas fundiéndolas y ya podemos guardar la imagen.
Ahora ya se puede ver el antes y el después:
6 de diciembre de 2006
Mejorando fotos
Estas fotos son una muestra de lo que se puede hacer:
Mazamitla es una población de la sierra en Jalisco (México). Y su iglesia es muy bonita.
28 de noviembre de 2006
Novela policíaca
A Belascoarán, a diferencia de los escritores de novelas policiacas, le gustaban las historias complejas, pero en las que no pasaba nada. Lo suyo era el barroco cotidiano, no el religioso; de ser posible sin muertos ni heridos. Estaba hasta los mismísimos güevos de la violencia, en particular de la que le caía encima. Se sentía trite, desheredado, extranjero, Robinson Crusoe a mitad e la calle más transitada de Tokio; marcado, enfermizo, lento, ajeno. De eso trataba toda la pinche historia, de un tipo que era ajeno. [..]
Tampoco se acaba de encontrar a gusto en la frontera, ese nombre extraño que usaban para designar una mezcla de territorios marcados por el dudoso privilegio de estarse sobando con Estados Unidos. Era fácil enamorarse de los desiertos de Chihuahua o de la calle Revolución en Tijuana; podías amar hasta la locura aquellos cielos azules sonorenses, o el cantadito del acento de las vendedoras de frutas de Piedras Negras. Si eras mexicano no podías vivir sin el fantasma de Villa, y la larga tela de malla verde que separaba los dos planetas ejercía la misma maligna fascinación sobre ti que sobre un guatemalteco deseoso de brincarla. Bueno, todo eso. Pero tú no eras de aquí. No te acababan de alumbrar bien los faroles ni acababas de hacer tuyos los miedos. Eras y no eras.
Sueños de frontera. Desvanecidos. Adiós, Madrid
Paco Ignacio Taibo II
15 de noviembre de 2006
Finis coronat opus
Clica aquí.
Una rambla molt bonica, amb flors. Des de dalt es veu així.
De tant en tant, cal fer una pausa enmig de la feina...