Quin furor. El pastor sard no diu a la policia el nom del bandit que li ha matat el germà, la velleta siciliana no diu el nom del mafiós, i això que el coneix, que ha matat el fill de la seva amiga més estimada, les putes no diuen el nom de l'infame individu que les redueix al seu tràgic esclavatge. Que anessin continuant, que anessin continuant amb aquells seus "punts d'honor". Ja des de feiamolt de temps pensava que alguna vegada calia castigar no només els culpables sinó també les seves víctimes, les quals es deixaven torturar per insensibilitat moral.
17 de septiembre de 2009
I milanesi amazzano al sabato
24 de marzo de 2007
Literatura del este
Picnic sobre el hielo de Andrei Kurkov.
En el fanzine L'HConfidential de la Biblioteca de la Bòbila (L'Hospitalet de Llobregat - Barcelona)aparece la siguiente reseña:
Víktor se siente triste y solo. A un soñador como él le cuesta salir adelante y ganarse la vida en unas circunstancias como las suyas: dispone de poco más que su imaginación y un cajón lleno de relatos.
Solamente Misha, un pingüino rescatado del zoológico de Kiev, donde regalaban los animales por no poder seguir manteniéndolos, comparte la triste soledad de Víktor. Son tiempos difíciles para alguien como él en una ciudad dominada por el materialismo. Pero su vida cambia drásticamente cuando el redactor jefe de un importante diario local le encarga la redacción de notas necrológicas de destacadas personalidades, para tenerlas preparadas con
antelación al día de su muerte. Un día, al abrir el diario para el que trabaja,Víktor ve, para su gran sorpresa, su primera nota necrológica publicada... A partir de ahí, una serie de acontecimientos misteriosos e inesperados irrumpen en la monótona existencia del protagonista y personajes variopintos empiezan a desfilar por su vida.
Y en otra página encuentro esta otra reseña:
Andrei Kurkov nació en San Petersburgo, en 1961, por lo tanto es ruso. Pero según parece ha vivido largo tiempo en Kiev (por lo tanto es casi ucraniano) donde estudió en el Instituto de Lenguas Extranjeras y aprendió 11 idiomas (incluyendo, el inglés y el japonés). Su servicio militar lo hizo en la prisión deOdesa (como vigilante, claro) y luego empezó a escribir guiones con los que se gana la vida tan bien que vive entre Kiev y Londres desde 1996. Esto le permite no perder sus raíces y a la vez gozar del confort que sólo un país capitalista imperialista y decadente puede darle.
Según veo ha escrito varios libros y me gustaría averiguar si hayalgun otro traducido porque su descubrimiento ha sido un hallazgo para mi. Me encanta como escribe (de alguna forma me recuerda a Georges Simenon). En "Picnic sobre el hielo", Plaza & Janés Editores, Barcelona, 2001, muestra como un hombre puede vivir con un pingüino y a la vez sobrevivir en la dura realidad de la sociedadpostsoviéticadonde ya no queda lugar para ilusiones, aunque todo aquel que tenga algo que vender... siempre puede encontrar un comprador.
Víktor no parece experimentar sentimientos por nadie, no hay amigos, no hay familia, y los pocos lazos humanos que establece son meramente circunstanciales. Sin embargo, muestra una solicitud mayor en las
atenciones que prodiga a su mascota,Misha.
Su necesidad de dar rienda suelta a su creatividad literaria y su necesidad de sobrevivir en un mundo muy poco literario acallan sus sospechas sobre el uso que se da a sus escritos en el periódico que le contrata.
Sus sentimientos parecen estar tan helados como el clima helado y frío de Kiev. Y, sin embargo, resulta muy interesante contrastar toda esa frialdad, el escenario duro y despiadado con el toque irónico y cómico que recorre toda la novela.
Cuando ya empezaba yo a desesperarme porque no le vía salida a la novela, y me desconcertaba mucho esa gelidez de sentimientos, llega el final inesperado...
Como anecdótico una de las descripciones de un entierro al que asisten Víktor y Misha, que se podría titular (si fuera un cuadro) "entierro con pingüino": ataúd de algún mafioso local, con asideros de oro, gente vestida de luto riguroso en prendas muy elegantes, y a un lado de la fosa, la mirada de un pingüino depresivo, tan elegante como todas las demás figuras.
En alguna página de las que he encontrado en la red se mencionaba algo que ya observé en la propia biblioteca antes mencionada donde pedí prestado el libro: esta novela ha sido publicada en español con tres títulos diferentes... Lo que no deja de ser curioso...
17 de diciembre de 2006
Le venti regole de Van Dine
1. Il lettore deve avere le stesse possibilità del poliziotto di risolvere il mistero. Tutti gli indizi e le tracce debbono essere chiaramente elencati e descritti.
2. Non devono essere esercitati sul lettore altri sotterfugi e inganni oltre quelli che legittimamente il criminale mette in opera contro lo stesso investigatore.
3. Non ci deve essere una storia d'amore troppo interessante. Lo scopo è di condurre un criminale davanti alla Giustizia, non due innamorati all'altare.
4. Né l'investigatore né alcun altro dei poliziotti ufficiali deve mai risultare colpevole. Questo non è buon gioco: è come offrire a qualcuno un soldone lucido per un marengo; è una falsa testimonianza.
5. Il colpevole deve essere scoperto attraverso logiche deduzioni: non per caso, o coincidenza, o non motivata confessione. Risolvere un problema criminale a codesto modo è come spedire determinatamente il lettore sopra una falsa traccia, per dirgli poi che tenevate nascosto voi in una manica l'oggetto delle ricerche. Un autore che si comporti così è un semplice burlone di cattivo gusto.
6. In un romanzo poliziesco ci deve essere un poliziotto, e un poliziotto non è tale se non indaga e deduce. Il suo compito è quello di riunire gli indizi che possono condurre alla cattura di chi è colpevole del misfatto commesso nel capitolo I. Se il poliziotto non raggiunge il suo scopo attraverso un simile lavorìo non ha risolto veramente il problema, come non lo ha risolto lo scolaro che va a copiare nel testo di matematica il risultato finale del problema.
7. Ci deve essere almeno un morto in un romanzo poliziesco e più il morto è morto, meglio è. Nessun delitto minore dell'assassinio è sufficiente. Trecento pagine sono troppe per una colpa minore. Il dispendio di energie del lettore dev'essere remunerato!
8. Il problema del delitto deve essere risolto con metodi strettamente naturalistici. Apprendere la verità per mezzo di scritture medianiche, sedute spiritiche, la lettura del pensiero, suggestione e magie, è assolutamente proibito. Un lettore può gareggiare con un poliziotto che ricorre a metodi razionali: se deve competere anche con il mondo degli spiriti e con la metafisica, è battuto "ab initio".
9. Ci deve essere nel romanzo un poliziotto, un solo "deduttore", un solo "deus ex machina". Mettere in scena tre, quattro, o addirittura una banda di segugi per risolvere il problema significa non soltanto disperdere l'interesse, spezzare il filo della logica, ma anche attribuirsi un antipatico vantaggio sul lettore. Se c'è più di un poliziotto il lettore non sa più con chi stia gareggiando: sarebbe come farlo partecipare da solo a una corsa contro una staffetta.
10. Il colpevole deve essere una persona che ha avuto una parte più o meno importante nella storia, una persona, cioè, che sia divenuta familiare al lettore, e lo abbia interessato.
11. I servitori non devono essere, in genere, scelti come colpevoli: si prestano a soluzioni troppo facili. Il colpevole deve essere decisamente una persona di fiducia, uno di cui non si dovrebbe mai sospettare.
12. Ci deve essere un colpevole e uno soltanto, qualunque sia il numero dei delitti commessi. Il colpevole può aver naturalmente qualche complice o aiutante minore: ma l'intera responsabilità e l'intera indignazione del lettore devono gravare sopra un unico capro espiatorio.
13. Società segrete associazioni a delinquere "et similia" non trovano posto in un vero romanzo poliziesco. Un delitto interessante è irrimediabilmente sciupato da una colpa collegiale. Certo anche al colpevole deve essere concessa una "chance": ma accordargli addirittura una società segreta è troppo. Nessun delinquente di classe accetterebbe.
14. I metodi del delinquente e i sistemi di indagine devono essere razionali e scientifici. Vanno cioè senz'altro escluse la pseudo-scienza e le astuzie puramente fantastiche, alla maniera di Giulio Verne. Quando un autore ricorre a simili metodi può considerarsi evaso, dai limiti del romanzo poliziesco, negli incontrollati domini del romanzo d'avventure.
15. La soluzione del problema deve essere sempre evidente, ammesso che vi sia un lettore sufficientemente astuto per vederla subito. Se il lettore, dopo aver raggiunto il capitolo finale e la spiegazione, ripercorre il libro a ritroso, deve constatare che in un certo senso la soluzione stava davanti ai suoi occhi fin dall'inizio, che tutti gli indizi designavano il colpevole e che, s'egli fosse stato acuto come il poliziotto, avrebbe potuto risolvere il mistero da sé, senza leggere il libro sino alla fine. Il che - inutile dirlo - capita spesso al lettore ricco d'istruzione.
16. Un romanzo poliziesco non deve contenere descrizioni troppo diffuse, pezzi di bravura letteraria, analisi psicologiche troppo insistenti, presentazioni di "atmosfera": tutte cose che non hanno vitale importanza in un romanzo di indagine poliziesca. Esse rallentano l'azione, distraggono dallo scopo principale che è: porre un problema, analizzarlo, condurlo a una conclusione positiva. Si capisce che ci deve essere quel tanto di descrizione e di studio di carattere che è necessario per dar verosimiglianza alla narrazione.
17. Un delinquente di professione non deve mai essere preso come colpevole in un romanzo poliziesco. I delitti dei banditi riguardano la polizia, non gli scrittori e i brillanti investigatori dilettanti. Un delitto veramente affascinante non può essere commesso che da un personaggio molto pio, o da una zitellona nota per le sue opere di beneficenza.
18. Il delitto, in un romanzo poliziesco, non deve mai essere avvenuto per accidente: né deve scoprirsi che si tratta di suicidio. Terminare una odissea di indagini con una soluzione così irrisoria significa truffare bellamente il fiducioso e gentile lettore.
19. I delitti nei romanzi polizieschi devono essere provocati da motivi puramente personali. Congiure internazionali ecc. appartengono a un altro genere narrativo. Una storia poliziesca deve riflettere le esperienze quotidiane del lettore, costituisce una valvola di sicurezza delle sue stesse emozioni.
20. Ed ecco infine, per concludere degnamente questo "credo", una serie di espedienti che nessuno scrittore poliziesco che si rispetti vorrà più impiegare; perché già troppo usati e ormai familiari a ogni amatore di libri polizieschi. Valersene ancora è come confessare inettitudine e mancanza di originalità:
Realmente, puedo recordar ahora más de una novela que ha inclumpido una o varias de estas leyes. Yo no me siento tan purista. Pero sí es cierto, como dice Pilar, que Donna Leon recurre en exceso a las habilidades informáticas de la signorina Elettra cuando el inspector Brunetti está investigando un caso. O también alguna novela de Anne Perry en la que hay una asociación secreta de gran poder que está en el trasfondo del homicidio.a) scoprire il colpevole grazie al confronto di un mozzicone di sigaretta lasciata sul luogo del delitto con le sigarette fumate da uno dei sospettati;
b) il trucco della seduta spiritica contraffatta che atterrisca il colpevole e lo induce a tradirsi;
c) impronte digitali falsificate;
d) alibi creato grazie a un fantoccio;
e) cane che non abbaia e quindi rivela il fatto che il colpevole è uno della famiglia;
f) il colpevole è un gemello, oppure un parente sosia di una persona sospetta, ma innocente;
g) siringhe ipodermiche e bevande soporifere;
h) delitto commesso in una stanza chiusa, dopo che la polizia vi ha già fatto il suo ingresso;
i) associazioni di parole che rivelano la colpa;
l) alfabeti convenzionali che il poliziotto decifra.
En este sentido, me ha interesado siempre mucho la manera en que P. D. James desarrolla sus novelas, y la forma laboriosa y metódica del policía creado por Henning Mankell.